Si dice che un'immagine valga spesso più di mille parole. E' il caso di questa foto, in cui io sono accoccolata in basso a destra. La mia collocazione rispecchia esattamente quello che era il mio posto all'interno della classe. Isolata, esclusa dal gruppo. La mia espressione dice tutto sul senso di disagio e solitudine che provavo. Vicino a me c'è Carla Bosia, che quasi mi volta le spalle e che appoggia vezzosamente la sua mano su quella di Margherita Candellero.
Il primo ricordo di Carla che affiora alla mia mente è legato ad un libro del professor Viotto. Ebbene sì, ancora lui. Beh, definire libro quell'insieme di fogli ciclostilati con una copertina di cartoncino leggero color carta da zucchero, tenuti malamente insieme, tanto che dopo poco incominciavano a staccarsi. Conteneva la descrizione di una serie di 'temperamenti', che si ispiravano alla teoria dei quattro temperamenti delineati da Ippocrate. Si trattava di psicologia empirica. A me, più che ai principi di Ippocrate, sembravano ispirarsi a quelli dell'astrologia, con la descrizione delle caratteristiche psicologiche dei vari segni e del relativo approccio alla vita fatto di lati positivi e di debolezze, secondo l'influenza degli eventi della vita.
Ricordo che Carla Bosia aveva associato alcuni di noi alla descrizione di un carattere. Io ero stata collocata sotto al carattere sanguigno. La cosa mi aveva ferita perché io non mi riconoscevo affatto in quelle caratteristiche che prevedevano un tipo iperattivo, comunicativo, ottimista, che non indietreggia davanti alle difficoltà della vita. Ma quando mai! Io ero esattamente l'opposto. A sua scusante devo dire che, poiché io non manifestavo mai nulla di me stessa, introversa e insicura com'ero, era quindi quasi impossibile conoscere quale fosse il mio carattere.
Io rientravo piuttosto nel temperamento malinconico per il mio carattere incline alla tristezza e a tenermi tutto dentro. Anche il mio portamento - spalle cadenti e petto infossato - rivelava questa tendenza. Ero una povera creatura sofferente, interiormente rigida e bloccata.
Il suo nome, quando frequentava con me l'Istituto Magistrale, era Carmen Andruetto. Pagetto è il cognome del marito, Tatiana non so da dove venga.
E' stata la prima della nostra classe a lasciarci.
Aveva un disturbo cardiaco che l'ha portata alla morte alla giovane età di 29 anni.
Sembra impossibile che sia passato così tanto tempo, ma io non l'ho mai dimenticata.
E' mancata un'altra compagna di classe, Margherita Candellero.
Non molti anni fa l'avevo incontrata a Prali. Io ero seduta ad uno dei tavolini davanti all'hotel in cui soggiornavo, con il mio fedele portatile, alcuni libri ed i notes. Stavo cominciando ad organizzare la struttura della guida culturale di Londra, che già prometteva di diventare un libro gigantesco (a stesura finita avrà 700 pagine!). Non abbiamo parlato molto, non siamo andate oltre ai soliti banali convenevoli. Un'altra persona avrebbe avuto la curiosità di chiedere che lavoro stessi facendo, ma non lei. Sono convinta che, dall'alto della sua sicumera, fosse certa che non dovesse essere niente di interessante e quindi che non valesse la pena di informarsi. Invece…
Il Drago sputafuoco
Adesso che le 12-13 ore quotidiane di lavoro sono alle spalle, nel tempo libero dedico spazio ai ricordi che affiorano. In particolare mi tornano in mente quelli di scuola e mi rendo conto di quante sofferenze abbia comportato per me il frequentarla. E questo non solo per l'atteggiamento degli insegnanti, ma anche per quello dei compagni.
Racconto un episodio di cui si è reso protagonista il ragazzo che è in questa foto e che appoggia amichevolmente le mani sulle mie spalle- Il suo atteggiamento sembrerebbe far pensare ad un'attitudine protettiva nei miei confronti. Niente di più falso, il suo comportamento era sempre stato ben diverso. Ricordo un episodio per me particolarmente doloroso. Mentre rientravamo in treno da una gita, lui e Margherita Candellero stavano portando avanti un gioco crudele, che consisteva nel nominare gli studenti 'mediocri' della classe. Naturalmente io sono stata fra i primi ad essere menzionata. Loro non sapevano nulla delle mie difficoltà né tantomeno erano dotati di empatia e partecipazione emotiva. Per questo si divertivano ad infierire allegramente su di me e su altri. Mi aveva fatto l'effetto di una coltellata il vederli darsi delle gomitate con sorrisetti di intesa.
Io mi sentivo morire dalla vergogna, ma, come sempre, ero costretta a sopportare quella cosa non voluta né gradita e che mi causava dolore, non essendo in grado di reagire.
Col senno di poi, mi rendo conto di aver fatto da cavia allo sprigionarsi delle prime scintille, ai primi frammenti incandescenti usciti dalle fauci del Drago.
In anni successivi, quando eravamo diventati insegnanti, una collega che insegnava nello stesso plesso di lui, mi aveva detto che, nei suoi interventi al Collegio Docenti, il Drago, nella sua supponenza, faceva intendere chiaramente che ormai quelle come lei erano troppo antiquate per essere ancora utilizzabili, insomma che erano da buttare. E parliamo di una bravissima insegnante, molto aperta ai nuovi metodi, ma evidentemente non abbastanza rivoluzionaria…